15 février 2022
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Mario Giulio Salzano, « Viaggiare per fede. Il pellegrinaggio alla Mecca e la politica estera jugoslava (1949-1961) », Diacronie, ID : 10.4000/diacronie.10338
In Jugoslavia, nei primi anni del secondo dopoguerra, l’organizzazione dell’annuale pellegrinaggio alla Mecca (hadž) era vincolata dalle rigide direttive del Segretariato statale degli Affari Interni (DSUP, Državni Sekretarijat Unutrašnjih Poslova). Tra il 1949 e il 1961, prima che iniziasse ad assumere le connotazioni di un fenomeno di massa, la partecipazione all’hadž fu rigorosamente limitata a un ristretto numero di funzionari religiosi “fidati”. L’atteggiamento delle autorità fu apparentemente controverso. Nonostante le severe restrizioni imposte sul numero dei partecipanti, il viaggio alla Mecca fu anzitutto l’occasione per poter veicolare il “nuovo volto” del socialismo jugoslavo nei Paesi arabi del Mediterraneo orientale, negli stessi anni in cui si consumava la prima grave crisi tra il Partito comunista dell’Unione Sovietica e il Partito comunista jugoslavo (1948-1955). L’organizzazione dell’hadž fu in larga parte condizionata dai rapporti diplomatici jugoslavi con i Paesi del Medioriente. La mediazione dei funzionari musulmani bosniaci nei rapporti diplomatici con le istituzioni politiche e religiose dei Paesi arabi di tradizione islamica, è testimoniata dalle relazioni della Commissione per gli Affari religiosi (KZVP, Komisija za Vjerska Pitanja) e della Comunità religiosa islamica (IVZ, Islamska Vjerska Zajednica). L’atteggiamento delle autorità governative jugoslave riguardo il pellegrinaggio alla Mecca, nella sua duplice dimensione di fenomeno religioso e politico, è un interessante punto di partenza per aprire nuove prospettive di indagine sui rapporti tra il Partito comunista jugoslavo poi Lega dei comunisti jugoslavi (Komunistička Partija Jugoslavije; dal 1952 Savez Komunista Jugoslavije) e la componente musulmana di Bosnia-Erzegovina.