I vagabondi nel basso Medioevo (Francia, Italia) : verso la criminalizzazione della mobilità illegitima

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Quertier Cédric, « I vagabondi nel basso Medioevo (Francia, Italia) : verso la criminalizzazione della mobilità illegitima », HAL-SHS : histoire, ID : 10670/1.i7qomp


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I vagabondi – con gli infideli – sono forse i più emarginati ed esclusi nel Medioevo, ai margini delle margine. Se la parola esiste in latino (vagabundus), il suo uso in italiano (vagabundo o vagabondo) mostra un cambiamento importante del suo significato nel Trecento : dapprima neutra, la parola assume poi un senso negativo, di condanna della vita errante dei più poveri. La frequenza del uso della parola è massima alla metà del Trecento e al tramonto del secolo, periodi di congiuntura sfaverole. Questa cronologia si potrebbe dunque fortemente collegare con l’evoluzione economica. Come individuato da B. Geremek, la condannazione dei vagabondi è strettamente legata al particolare e difficile contesto che succede alla Pesta Nera : in mancanza di forze di lavoro, il successo delle revendicazioni dei salariati per migliorare le loro condizioni spinge la reazione dei ceti agiati che vogliono condannare quei lavoratori e poveri che non lavorano abbastanza. Lo sgradimento dei vagabondi si accentua dunque quando la congiuntura è pessima (carestie, peste, disoccupazione, etc.), ma si deve anche contestualizzare nel deprezzamento del lavoro artigianale e della condizione di salariati dipendenti e, infine, nel rafforzamento delle disuguaglianze economiche e sociali.Nel campo giudiziario, questa situazione si traduce nella grande presenza dei poveri, emarginati e vagabondi nelle condanne per i piccoli delitti. Costretti a rubare per sopravivvere, i più poveri sono anche condannati per il loro stile di vita. La loro infamia di fatto si convertisce in infamia di diritto quando vengono condannati dalla giustizia. Il condanno del furto si fa più duro non solo perché minaccia le regole del commercio, ma sopratutto perché rappresenta una sfida verso la proprietà dei ceti più agiati. Nel campo politico, si deve collegare questa evoluzione con la costruzione dello Stato moderno, ossia degli Stati regionali o territoriali. La comparsa di nuovi tipi di cittadinanze collegato alla « patricializazione » dei ceti dirigenti abbassa di fatto la participazione dei cittadini e sopratutto introduce nuovi tipi di disuaguaglianze politiche e giuridiche. Il bisogno d’identificare meglio gli amici e nemici dei regimi communali o signorili, i controlli alle porte (libri di bollette), la riputazione e la fama difondata dagli abitanti e vicini, l’importanza della residenza fiscale sono alcuni degli istrumenti per controllare e distinguere tra i « buoni » (maestri spezializati) e i « cattivi » migranti (personne senza qualificazione e con pessimi comportamenti).Alla fine, l’evoluzione delle mentalità verso i migranti e lavoratori poveri si collega con l’evoluzione più generale degli attegiamenti e delle rappresentazioni nei confronti della povertà, studiata da M. Mollat e rivalutata ultimamente da G. Todeschini sul piano delle teorie medievali. L’assistenza ai migranti più poveri si accompagna da un oggettivo morale di disciplinarizazzione dei comportamenti, che fa della gente qualunque una maggioranza a rischio, per la quale i vagabondi sono uno dei modelli negativi.

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