Towards a pluralistic society: Good practices in the integration and social inclusion of Muslims in Italian cities Verso una società plurale: Buone pratiche di integrazione e inclusione sociale dei musulmani nelle città italiane En It

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1 décembre 2013

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Bartolomeo Conti, « Towards a pluralistic society: Good practices in the integration and social inclusion of Muslims in Italian cities », HAL-SHS : histoire des religions, ID : 10670/1.orjwue


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In tutta Europa il numero delle sale di preghiera islamiche aumenta con l'aumentare del numero di musulmani che risiedono nel continente, ma piuttosto che ad una normalizzazione e ad una graduale accettazione della presenza islamica, si assiste ad un aumento costante dei conflitti relativi alla presenza dell'islam nello spazio pubblico ed, in particolare, dei conflitti relativi alla presenza dei luoghi di culto islamici (Allievi 2009; Bombardieri 2011). La moschea, invece che diventare gradualmente un fatto "normale", tende a diventare un fatto "eccezionale" che scatena controversie, dibattiti e conflitti più di qualsiasi altro luogo di culto o edificio. In teoria, la questione delle moschee non dovrebbe neanche sussistere perché in Europa é ormai acclamato che ogni minoranza religiosa, inclusa quella musulmana, abbia diritto ad avere i suoi luoghi di culto, che non dovrebbero che essere considerati come elementi assolutamente legittimi dello spazio pubblico. Invece esiste un eccezionalismo della moschea, che rimanda ad un eccezionalismo più generale relativo all'islam e ai musulmani, che in Europa tendono ad essere considerati sempre di più come un caso a parte, che necessita un quadro interpretativo specifico ed azioni ad hoc . Più di ogni altro attore sociale e/o minoranza, l'islam ha anche la prerogativa d'indurre domande sulle società d'accoglienza ed in particolare sul loro rapporto all'alterità, sul loro grado d'apertura o sui limiti del loro sistema di "accoglienza" (Dal Lago, 1999). In questa relazione complessa, la questione delle moschee diventa centrale proprio perché, più di altre questioni, riguarda direttamente il controllo e la gestione di un territorio sempre più condiviso o, sarebbe meglio dire, conteso.Nel panorama europeo, malgrado la presenza islamica sia piuttosto recente, l'Italia non fa eccezione. Da una quindicina d'anni, infatti, la questione delle moschee attraversa tanti centri urbani, piccoli o grandi che siano, in cui é presente una comunità islamica organizzata, che é uscita dalla sfera privata per affermarsi nello spazio pubblico. Di fronte ai timori espressi più o meno esplicitamente da una parte della società autoctona, le istituzioni pubbliche hanno adottato una politica incerta e contraddittoria, che ha finito per diventare una vero e proprio modus operandi, quello della non azione e della deresponsabilizzazione. La politica del non decidere è stata fatta innanzitutto a detrimento dei diritti della minoranza musulmana, ma indirettamente ha avuto conseguenze nefaste anche sulla coesione sociale, con l'esacerbarsi di atteggiamenti conflittuali, stigmatizzanti e, in ultima analisi, di reciproca chiusura nei confronti dell'Altro, autoctono o straniero che sia. Di fronte alla frammentazione del corpo sociale e ai fenomeni di esclusione e precarietà, le istituzioni pubbliche sono ormai chiamate a rivedere il loro modo di ragionare ed agire. La necessità d’adeguare la risposta istituzionale ad una società sempre più complessa è ormai preconizzata da più parti, ma rimane la difficoltà a sormontare l’inerzia e i blocchi strutturali per individuare metodi e pratiche adeguate. Nei confronti dei musulmani, e più generalmente nei confronti dell’islam più che di altre minoranze marginalizzate o escluse, le istituzioni italiane si trovano di fronte alla difficoltà di conciliare il rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti e la paura sociale dell’Altro o, detto altrimenti, le reticenze ad includere l’Altro nel Noi, inteso come corpo sociale legittimato a prendere decisioni e a governare un determinato territorio.Negli anni più recenti, anche se in maniera contraddittoria, sono però stati fatti alcuni tentativi, talvolta coronati da un parziale successo, di conciliare il diritto alla libertà religiosa con quelli che potremmo definire i “timori” o le "prerogative" della popolazione autoctona. È proprio da queste esperienze concrete che bisogna partire per aprire una nuova fase nella pratica istituzionale verso l'islam e i musulmani, che permetta allo stesso tempo la graduale legittimazione della presenza islamica nello spazio pubblico italiano e la graduale apertura delle comunità islamiche, spesso ancora ripiegate su se stesse e incapaci di costruire vie di dialogo con il resto della società italiana. Questo lavoro intende quindi contribuire alla costruzione della risposta istituzionale riguardo all’inclusione e alla visibilità dell’Islam e dei musulmani nello spazio pubblico italiano. In particolare, si pone l’obiettivo d’indicare strumenti e buone pratiche attraverso i quali il dibattito pubblico intorno all’eventuale apertura della moschea abbandoni il terreno ideologico per imboccare la via dell’inclusione e della coesione sociale. È in quest'ottica che questo lavoro parte dal presupposto che qualsiasi domanda o rivendicazione possa avere une certa legittimità e che quindi debba essere compresa pienamente affinché possa trovare una risposta adeguata. Tale presupposto deriva dalla constatazione che solo prendendo in seria considerazione paure sociali espresse più o meno esplicitamente si possano costruire risposte istituzionali legittime ed efficaci. Il presente lavoro é strutturato in tre parti. La prima contestualizza i processi sociali in atto, innanzitutto attraverso una breve descrizione dell'emergere dell'islam nello spazio pubblico italiano, poi definendo funzioni e ruolo della moschea, il quadro giuridico e contenuti e forme del conflitto che deriva dall’apertura delle moschee nelle città italiane. La prima parte si conclude con un'analisi del dibattito pubblico sull'islam e i musulmani in Italia ed in particolare di quegli attori che hanno dato forma e contenuti allo spazio pubblico. La seconda parte descrive i due casi presi in esame, quelli di Bologna e di Firenze, città che sono state teatro di un’importante dibattito sull’eventualità di costruire una moschea, ma con esiti praticamente opposti: se a Bologna, il dibattito ha prodotto una maggiore conflittualità, un aumento di discorsi anti-islamici e un ulteriore ripiegamento della comunità islamica su se stessa, a Firenze, il percorso partecipativo ha invece contribuito a legittimare la presenza dell’islam nello spazio pubblico e ha favorito l’apertura della comunità verso la città. Per capire perché i due percorsi abbiano prodotto risultati tanto diversi, dapprima saranno descritte le condizioni preliminari al dibattito sulla presenza dell’islam nello spazio pubblico nelle due città e poi saranno analizzati gli strumenti più o meno istituzionali che han regolato il dibattito pubblico. Nell'ultima parte verranno indicati metodi e strumenti utili a costruire una politica pubblica locale sui luoghi di culto islamici che aspiri a conciliare inclusione e coesione sociale.

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