13 novembre 2020
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Alessandro Di Muro, « Uso politico delle reliquie e modelli di regalità longobarda da Liutprando a Sicone di Benevento », Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge, ID : 10.4000/mefrm.8193
A partire da Liutprando i sovrani longobardi iniziarono a raccogliere reliquie di santi che diventavano segni di devozione e strumenti di rafforzamento dell’identità. Chiese come San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia e di Sant’Anastasio di Corteolona, dove furono deposti i corpi di sant’Agostino e del santo-guerriero Anastasio, sembrano configurarsi come veri e propri sacrari della gens Langobardorum. Il patrocinio dei martiri costituiva elemento garante di protezione ultraterrena e inviolabilità per le comunità che ne ospitavano le reliquie, inoltre si poneva come base salda per il rafforzamento delle nascenti identità cittadine, tanto più in tempi difficili come quelli in cui si trovavano ad operare Astolfo e Desiderio. Dopo la caduta del Regnum nel 774, l’eredità politica dei sovrani longobardi fu raccolta dal duca di Benevento Arechi II, che ne proseguì anche l’attività di accaparramento di reliquie, elaborando strategie più complesse di rappresentazione della regalità collegate alla traslazione di corpi santi nella sua capitale, Benevento. Santa Sofia, ripiena di reliquie, diventò un nuovo sacrario nazionale dei longobardi. I successori di Arechi II continuarono tali pratiche, fino a Sicardo, ultimo principe unitario di Benevento. Le cerimonie di traslazione si configurano come veri trionfi militari dei principi longobardi, come mostrano le narrazioni agiografiche. Se le traslazioni di reliquie appaiono come strumenti di rafforzamento del potere dei principi longobardi, accanto alle opere di monumentalizzazione, all’attività legislativa e alla guerra, la rappresentazione della regalità si manifesta attraverso simboli antichi quali la lancia, la spada e altri forse più recenti quali la corona.