Sulla (ri)articolazione della “marocchinità” nel Marocco contemporaneo, tra festivalizzazione del dissenso giovanile e revival sufi

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18 juin 2024

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Michela Buonvino, « Sulla (ri)articolazione della “marocchinità” nel Marocco contemporaneo, tra festivalizzazione del dissenso giovanile e revival sufi », Archivio antropologico mediterraneo, ID : 10.4000/11t6u


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Questo articolo intende offrire al lettore una panoramica generale delle dinamiche che connotano la festivalizzazione culturale nel Marocco contemporaneo, esaminando i processi di riarticolazione delle retoriche e delle politiche relative all’identità e alla cultura nazionali messi in atto dallo Stato marocchino a partire dalla conquista dell’Indipendenza (1956), finalizzati alla (ri)produzione e alla redistribuzione di un’egemonia culturale statale in un contesto transnazionale. Saranno qui discusse nello specifico, ricostruendone i momenti salienti e mettendone in rilievo alcuni punti di contatto, due diverse e interconnesse strategie depoliticizzanti: la festivalizzazione del malcontento giovanile e la rivitalizzazione strategica del sufismo, portate avanti rispettivamente a partire dalla metà degli anni Novanta del Novecento e dai primi anni Duemila. Tali processi rientrano in un disegno più generale di disciplinamento sociale finalizzato al mantenimento dell’ordine politico e del monopolio identitario religioso statale. Dopo l’11 settembre 2001 e in seguito agli attacchi terroristici avvenuti a Casablanca, la monarchia marocchina fu impegnata nella ridefinizione di un campo del sacro, che consistette nell’annientamento delle tendenze salafite e nella sostituzione di queste con un sufismo che si voleva innocuo e incapace di minacciare la sicurezza spirituale della nazione. Le strategie discorsive della monarchia richiesero e richiedono tuttora l’elaborazione di rappresentazioni pubbliche della virtù, in particolare del principio della cittadinanza democratica, centrale nei discorsi transitologici dello Stato marocchino odierno, performato nella cornice di festival nazionali e internazionali. Questo tipo di comunicazione si rivela funzionale al rafforzamento e alla promozione di determinati “processi di civilizzazione” che includono specifiche “discipline di appartenenza” alla nazione e alla comunità di credenti.

This article aims to provide the reader with a general overview of the dynamics that characterize cultural festivalization in contemporary Morocco, examining the processes of rearticulation of rhetoric and policies related to national identity and culture implemented by the Moroccan state since Independence (1956). These processes are aimed at the (re)production and redistribution of a state cultural hegemony in a transnational context. Specifically discussed here, reconstructing their key moments, and highlighting some points of contact, are two distinct and interconnected depoliticizing strategies: the festivalization of youth discontent and the strategic revitalization of Sufism, pursued respectively since the mid-1990s and the early 2000s. These processes are part of a broader design of social discipline aimed at maintaining political order and the state's monopoly on religious identity. After September 11, 2001, and following terrorist attacks in Casablanca, the Moroccan monarchy was engaged in redefining a field of the sacred, which involved the neutralization of Salafist tendencies and their replacement with a Sufism deemed harmless and incapable of threatening the nation's spiritual security. The monarchy's discursive strategies required and still require the elaboration of public representations of virtue, particularly of the principle of democratic citizenship, central in the transitional discourses of today's Moroccan state, performed within the framework of national and international festivals. This type of communication serves to strengthen and promote specific "civilizing processes" that include particular "disciplines of belonging" to the nation and the community of believers.

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