4 mars 2021
https://www.openedition.org/12554 , info:eu-repo/semantics/openAccess
Eva Christof, « Cenotafi ellenistici e romani in Asia Minore », Publications de l’École française de Rome, ID : 10.4000/books.efr.13282
Questo articolo parte dall’osservazione di Cecilia Ricci che distingue tra cenotafi di necessità (quando mancano corpo e tomba) e cenotafi di memoria (quando la tomba che contiene effettivamente il corpo è altrove) ed elenca i termini greci e latini che si riferiscono a tale realtà. Dall’attento esame della parola cenotafio nelle iscrizioni dell’Asia Minore e dallo studio della tomba M1 a Perge, chiamata anche tomba di Artemone, che occupa una posizione chiave in questo ambito, emerge che il termine cenotafio nelle iscrizioni va letto prendendo in considerazione che, in alcuni casi, qualcuno vi è stato sepolto negli anni successivi alla redazione dell’iscrizione senza che l’iscrizione sia mai stata aggiornata. Quattordici epigrammi greci contenenti la parola cenotafio e iscritti su altari e stele – in traduzione italiana – servono come fonte per capire chi erano i dedicanti e perché si sono impegnati. I monumenti descritti appaiono spesso molto simili a vere tombe, tanto che il confine con esse appare sfocato. Ma anche la statua di una persona defunta eretta in un santuario poteva essere chiamata cenotafio. Da questa prospettiva devono essere visti anche i cenotafi di due personaggi della famiglia imperiale romana: quello di età augustea di Caio Cesare a Limyra, e quella dell’imperatore Traiano in Cilicia, entrambi a forma di tempio/heroon posto nel mezzo delle rispettive città.