10 avril 2024
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Sara De Angelis, « Raccontare nei musei il patrimonio disperso », Mélanges de l’École française de Rome - Antiquité, ID : 10.4000/mefra.15689
Tra le aree archeologiche maggiormente colpite dal fenomeno degli scavi clandestini e dalla compravendita dei materiali così recuperati rientra sicuramente la città etrusca di Vulci. Tale fenomeno è responsabile non solo della dispersione dei materiali in musei e collezioni private sparse in tutto il mondo, ma anche di una grave perdita di informazioni legate ai contesti di provenienza e alla loro ricostruzione, ormai non più sanabile. Il Museo Archeologico di Vulci, come numerose altre realtà museali italiane, si trova pertanto di fronte a una sfida complessa che vede da una parte la necessità di ricostruire in modo accurato la storia della città etrusca, basandosi sull’insieme dei dati oggi a nostra disposizione, e dall’altra, per consentire una piena comprensione di come tale ricostruzione sia stata possibile, di evidenziare le modalità di scavo e di rinvenimento che hanno contraddistinto, a partire dalla fine del ‘700 e i primi dell’800, tale territorio. Il racconto museale deve mirare sia alla ricostruzione della storia primaria dei materiali rinvenuti, dalla fase di realizzazione e quella di utilizzo in epoca antica, sia alla storia successiva al ritrovamento degli stessi, ripercorrendo il viaggio intrapreso da tali oggetti fino al raggiungimento del luogo di conservazione. L’analisi di tale percorso permette infatti di ricostruire le complesse vicende storiche che hanno contraddistinto questo territorio non solo nelle sue fasi antiche ma anche in quelle più recenti e che tanto fortemente hanno influenzato e influenzano la nostra capacità di lettura e di rappresentazione del mondo antico e della fascinazione che lo stesso esercita ancora oggi.