18 décembre 2013
Ce document est lié à :
info:eu-repo/semantics/reference/issn/0223-5102
Ce document est lié à :
info:eu-repo/semantics/reference/issn/1724-2134
https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/ , info:eu-repo/semantics/openAccess
Andrea Lovato, « Giustiniano e la consummatio nostrorum digestorum », Mélanges de l’École française de Rome - Antiquité, ID : 10.4000/mefra.1842
Nella visione imperiale che emerge dalle novellae, il potere legislativo ha origini divine e l'imperatore stesso è « legge vivente », concessa da Dio agli uomini (Nov. 72 praef. ; 113,1 pr. ; 137 praef. ; 105,2,4). Com'è noto, l'ambizioso progetto giustinianeo di una monarchia universale si reggeva sulla forza delle armi e del diritto, e si esprimeva nel topos arma-leges presente in alcuni documenti ufficiali (p. es. in Const. Summa pr. e in Const. Imperatoriam pr.). Consapevole del ruolo supremo di conditor legum, già pochi mesi dopo l'ascesa al trono Giustiniano comunicava al mondo bizantino l'avvio della celebre impresa che, com'egli stesso affermava (Const. Haec pr.), i suoi predecessori non avevano osato eseguire. Il fine dichiarato era quello di amputare prolixitatem litium, e per realizzarlo si concedevano alla commissione incaricata della stesura del novus Codex ampi poteri d'intervento e modifica sulla normativa raccolta. In tal modo si 'attualizzava' il diritto per scopi pratici, mediante la manipolazione sistematica dei testi legislativi, ai quali si doveva far ricorso nella prassi della recitatio. Per sostenere le proprie ragioni, le parti di una controversia e i loro difensori potevano allegare nei tribunali anche le opinioni dei vecchi giuristi secondo i criteri stabiliti dalla legge delle citazioni del 426, che era stata accolta nel primo codice. Nel giro di pochi mesi si verifica però un radicale mutamento di prospettiva, in ordine alle modalità d'impiego degli scritti dei giuristi. Il mutamento è documentato dal nuovo programma tracciato nel dicembre del 530 dalla Const. Deo Auctore. Abbandonato il parametro del rinvio a fonti « esterne », utilizzabili secondo un rigido calcolo meccanico, si annuncia l'idea di un'antologia in cui sarà recepita una parte cospicua, ma selezionata, dell'antico pensiero giurisprudenziale. Verrà di conseguenza precluso il ricorso a testi non compresi nella grandiosa raccolta. È probabile che tale idea maturasse tra la primavera del 529, dopo la pubblicazione del primo Codice, e l'autunno del 530, e che avesse ispirato l'emanazione delle Quinquaginta Decisiones. L'opera che vede la luce sullo scorcio del 533 non è una semplice antologia antiquaria : è un testo normativo che segna una netta cesura con il passato sotto un profilo specifico, rappresentato dalla forma autoritativa di un codice ufficiale per l’impiego dell'antico ius controversum. Non solo. Il lavoro di selezione e di elaborazione svolto, la consummatio nostrorum digestorum, produce effetti rilevanti sulla gerarchia delle fonti applicabili nella prassi della recitatio.