2 août 2013
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Angelo Bottini, « Tiresia e Pitagora fra Greci e Italici : la nekyia del pittore di Dolone », Mélanges de l’École française de Rome - Antiquité, ID : 10.4000/mefra.862
Il cratere a calice a f.r. (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) con la rappresentazione della discesa all'Ade narrata nel libro XI dell'Odissea, è una delle realizzazioni più importanti del P. di Dolone, operante con certezza a Metaponto ; oltre la qualità particolarmente elevata, lo segnala la forma stessa, assai poco frequente, e la sostituzione del consueto lato B di genere con una seconda scena di soggetto epico-mitologico, il giudizio di Paride. Ai piedi di Odisseo, assistito da due compagni, in modo analogo a com'è talora raffigurata quella di Orfeo vaticinante, emerge la testa dell'indovino Tiresia, che godeva del privilegio straordinario di continuare ad essere autoconsapevole anche dopo la morte : lo stesso che anche a Pitagora sosteneva di aveva ottenuto e che i suoi adepti speravano di avere a loro volta, allo scopo -come indicano anche alcune laminette auree iscritte- di sfuggire alla reincarnazione. Appare dunque probabile che la scelta di questo particolare soggetto (presente solo su di un altro vaso a fr, di fabbrica attica) si debba ad un iniziato, quale testimonianza di fede destinata ad essere compresa solo da coloro che la condividevano.Gli scarsissimi dati circa il luogo di rinvenimento, avvenuto verso il 1840 nel territorio di Pisticci, allora molto più vasto di oggi, fino ad includere la stessa Metaponto, non consentono di stabilire se appartenesse, come numerosi altri vasi a f.r. (fra cui anche il cratere eponimo del Pittore), ad un corredo tombale dell'importantissimo insediamento italico o a quello di un greco abitante nella chora. Dal momento che però nelle tombe contemporanee di questi ultimi proprio il cratere è una delle forme meno frequenti, pur essendone testimoniata la presenza in altri contesti, la prima ipotesi appare al momento più probabile.Si osserva tuttavia che questa incertezza non influisce sulla interpretazione proposta, dal momento che la predicazione pitagorica non distingueva volutamente fra Greci e barbari.